di Ian D'Agata, responsabile per l'Italia e Bordeaux dell'International Wine Cellar di Stephen Tanzer, una delle più importanti pubblicazioni in materia di vino al mondo, Regional Co-chair di Decanter World Wine Awards nonché autore della guida Vin D'Agata & Comparini all'eccellenza dei Vini d'Italia.
L'ampelologia, la scienza che studia i caratteri dei vitigni, ci permette oggi, grazie non solo alla ampelografia (il ramo che si occupa dello studio dei caratteri tramite riproduzione grafica), ma anche allo studio dei profili isoenzimatici, del DNA e molto altro ancora, di identificare con sempre maggiore precisione la "personalità" di una data varietà d'uva e il vino che ne consegue.
Attraverso i secoli, una varietà di vite si adatta al proprio terroir, modificando nell'arco di pochi cicli riproduttivi una parte, via via sempre maggiore, del suo patrimonio genetico. Nascono così viti dall'aspetto diverso a seconda di dove esse vengono a trovarsi o vengono messe a dimora. Il contenuto genetico delle popolazioni varietali è reso quindi molto variabile grazie all'influenza di fattori esogeni, che determinano la presenza di cloni e biotipi diversi, dove per clone si intende la moltiplicazione agamica di una entità vegetale, termine derivante dal greco "klon" (spezzare).
Nasce così la selezione clonale, una esigenza più che una tecnica, in quanto risponde alle necessità della viticoltura e dell'enologia di qualità di offrire una gamma di individui di una data varietà, ognuna con le proprie specifiche caratteristiche, ognuna capace di apportare un suo contributo all'assemblaggio finale del vino prodotto e da mandare in commercio. Popolazioni di viti diverse, che rispondano alla domanda produttiva di uve dai polifenoli qualitativi e quantitativi diversi, sono così atte a soddisfare le necessità di una enologia moderna. La selezione clonale possiede un indubbio vantaggio sulla selezione massale (o di campo, che pure ha altri vantaggi particolari), che si può leggere come una maggiore attenzione allo stato sanitario delle varietà, soprattutto in merito alle malattie virali, e una più precisa e codificata valutazione delle attitudini agronomiche e enologiche di quella data varietà di uva.
Nella valutazione delle attitudini agronomiche e enologiche di un clone, si andranno a verificare non solo la vigoria e la resistenza di una pianta, il peso medio dell'acino o del grappolo, ma anche altri parametri di discreta importanza per l'ottenimento di un risultato finale apprezzabile. Tutti i parametri possono essere suddivisi in due categorie, quella del potenziale produttivo e quella del potenziale tecnologico. Il potenziale produttivo di una data specie include parametri quali la fertilità, il peso del grappolo e anche il gruppo di potenziale produttivo (che è poi il risultato della combinazione dei due parametri appena citati), diviso in A (cloni poco produttivi), B, e C (cloni ad alto potenziale produttivo, ma non per questo scadenti: anzi, nei terreni idonei danno vini di notevole interesse organolettico). Tra i parametri inclusi nella categoria del potenziale tecnologico troviamo valori quali il contenuto zuccherino delle uve (concentrazione media del mosto del clone a maturazione ottimale), l'attitudine enologica (che riassume i risultati chimici delle analisi di laboratorio e delle analisi organolettiche di degustazione) e le miscele clonali.
Attraverso una scelta mirata di cloni dalle caratteristiche diverse e complementari, un produttore può ambire alla creazione di un vigneto policlonale dalle elevate potenzialità riguardo alla produzione di vini di sicuro interesse organolettico, di resistenza alle malattie e dal buon potenziale di vendita. In questo ambito, l'Ersa - Agenzia regionale per lo sviluppo rurale del Friuli Venezia Giulia, si è distinta negli anni contribuendo alla creazione di più cloni, fra cui anche quelli del vitigno friulano.